domenica 31 gennaio 2010

Milano: spenta la luce americana


E. Hopper - Autoritratto

Milano, 31 gennaio 2010

Con oggi chiude, a Palazzo Reale, la mostra dedicata al grande pittore statunitense Edward Hopper. Nel complesso una bella mostra, la prima per importanza avvenuta in Italia.

Tralasciando i dettagli tecnici posso dirvi di aver molto riammirato i dipinti ed i disegni che, per la quasi totalità già avevo visto al Whitney Museum of American Art anni or sono. E visivamente soddisfatti erano anche coloro che, copiosi, hanno riempito le sale del bel palazzo.

L’esposizione ha permesso di percorrere tutte le tappe della lunga carriera di Hopper (sia in Europa che negli USA), il pittore della solitudine, degli spazi “suoi”, della luce. Il pittore che un giorno affermò: “Quello che vorrei dipingere è la luce del sole sulla parete di una casa”. Nessuno, per ora, è riuscito a farlo come Lui.

Una mostra che è valso la pena di ammirare. Peccato per coloro che non hanno avuto il tempo di farlo.

A Voi tutti l’usuale augurio di buon futuro.

banzai43

E. Hopper - Nottambuli

sabato 30 gennaio 2010

Natale al fronte

NATALE AL FRONTE

Racconto trovato in “rete”,
quando e dove non ricordo.
Lo ripubblico senza il nome dell'autore
che mi è ignoto, per il piacere che m'ha dato leggerlo.
banzai43


Nel dicembre 1914 inglesi e tedeschi si fronteggiavano da due trincee separate da una striscia di terra brutta e piatta, divisa al centro da filo spinato.

Di tanto in tanto delle sagome avanzavano furtivamente nella “terra di nessuno”, ma la maggior parte dei soldati si trovava più basso dell’orizzonte a sopportare il fango e l’acqua che stagnavano nelle trincee, intenti solo ad evitare il fuoco del nemico.

La Vigilia di Natale, l’aria era fredda e piena di nebbia. Improvvisamente dei soldati inglesi stupefatti videro delle luci avanzare lungo le trincee nemiche. Poi venne l’incredibile suono di un canto. I soldati tedeschi cantavano “Stille Nacht”. Quando il canto cessò i soldati inglesi risposero con “First Christmas”.

Il canto da entrambe le parti durò per un’ora. Poi una voce invitò tutti a superare le linee. Un tedesco con grande coraggio uscì dalla trincea, attraversò la “terra di nessuno” e scese nella trincea inglese. Altri commilitoni lo seguirono, con le mani in tasca per dimostrare che erano disarmati.

“Io sono un sassone e voi degli anglo-sassoni. Perché mai combattiamo?” chiese.

Nell’alba limpida e fredda del giorno di Natale non ci fu nessuna sparatoria. Gli uomini avevano stabilito fra loro di dichiarare la pace.

“Uno spirito più forte della guerra era all’opera quella notte”, commentò un osservatore.

I comandanti di entrambe le parti non approvarono. Essi sapevano che l’amicizia fra nemici dichiarati avrebbe impedito la guerra. Ma la tregua continuò. Perfino gli uccelli selvatici, che tanto tempo prima occupavano il rumoroso campo di battaglia, ritornarono e furono nutriti dai soldati.

Se gli uomini avessero potuto obbedire alloro desiderio di amicizia e di pace e la tregua non fosse finita subito dopo Natale, sarebbero stati salvati 9 milioni di uomini.

Un soldato inglese che aveva preso parte a quella memorabile pace natalizia morì all’età di 85 anni.

Fino alla fine dei suoi giorni non poteva sentire “Stille Nacht” senza che le lacrime gli rigassero le guance.

Si ricordava degli amici tedeschi che aveva avuto in quel giorno di Natale e che, per quanto ne sapeva, aveva poi ucciso nei giorni che seguirono.



mercoledì 27 gennaio 2010

della giustizia e della legge




Perché, o stolti, far birberie fuor delle leggi?

C’è tanto posto di farne dentro.

Carlo Dossi

L’amministrazione dell’ingiustizia

è sempre nelle mani giuste


Stanislaw J. Lec

La legge nasce da uno stato di disperazione

circa la natura umana.

José Ortega Y Gasset

Cento delinquenti fanno meno male di un giudice cattivo.

Francisco de Quevedo

Foto di Steve McCurry

domenica 24 gennaio 2010

Haiti è ...


Oggi Haiti è questa


… e questa

… e questa

… e questa



Aiutiamola oggi e domani e posdomani.

Anche con piccole somme.

Non dimentichiamocene non appena i media cesseranno di informarci.

Grazie.

A Voi tutti Buon Futuro.

banzai43

giovedì 21 gennaio 2010

della teoria e della pratica


Quelli che s’innamoran di pratica sanza scienza, son come ‘l nocchier, ch’ entra in naviglio sanza timone o bussola, che mai ha certezza dove si vada. Sempre la pratica dev’ essere edificata sopra la bona teorica.

Leonardo da Vinci,
Frammenti letterari e filosofici

mercoledì 20 gennaio 2010

Una gamba di sedia

UNA GAMBA DI SEDIA

Racconto acquisito dalla “rete”, non ricordo né dove né quando
mi spiace, ma vale la pena leggerlo.
banzai43

Tutto cominciò nella sede dell’Alto Comando di Tutte le Guerre. Un giovane con la divisa da sergente del Super Esercito era stato convocato da uno dei Grandi Generali. Una sentinella lo fece entrare nell’ufficio del Generale.

“Si sieda, giovanotto “, disse l’alto ufficiale.

“Grazie “, rispose il giovane sergente, e si sedette.

“Ho sentito voci sul suo conto”, esordì l’ufficiale in tono di simpatia. “Oh, niente di importante. Nervosismo. Un certo senso di disagio. Sono mesi ormai che sento parlare di lei, e così ho pensato di chiamarla. Magari le piacerebbe cambiare lavoro. All’estero, forse, o in una zona di guerra? Se stare dietro una scrivania l’annoia, vorrebbe tornare alle vecchie battaglie? “.

“Credo di no “, rispose il giovane sergente.

“Che cosa vuole allora?”.

Il sergente scrollò le spalle e si guardo le mani: “Vivere in pace. Sapere che durante la notte, chissà come, i cannoni di tutto il mondo si sono arrugginiti, i batteri delle armi batteriologiche non sono più buoni neanche a fare lo yogurt, i carri armati e i bombardieri sono sprofondati come mostri preistorici nelle strade trasformate in pozzi di catrame. Ecco che cosa vorrei “.

“È quello che tutti vorremmo, naturalmente”, disse l’ufficiale, anche se i suoi occhi dicevano il contrario. “Ma ora basta con queste chiacchiere idealistiche e mi dica dove vorrebbe essere mandato. A lei la scelta: o la Zona di Guerra orientale o la Zona di Guerra settentrionale”.

Il Generale indicò una mappa rosa distesa sul tavolo.

Ma il giovane sergente continuò come se stesse parlando con le sue mani che continuava a muovere e a fissare intensamente. “Che cosa fareste voi ufficiali, che cosa faremmo noi soldati, che cosa farebbe il mondo se domani, svegliandoci, scoprissimo che tutte le armi si sono ridotte in polvere? “.

La Macchina

L’ufficiale si accorse che doveva dare fondo a tutta la sua diplomazia per trattare con il sergente. Accennò un sorriso. “È una domanda interessante. Mi piacciono molto le discussioni teoriche e sono convinto che se accadesse una cosa del genere, il mondo intero cadrebbe in preda al panico. Ogni nazione penserebbe di essere l’unica disarmata e accuserebbe i nemici della responsabilità del disastro. Ci sarebbe un’ondata di suicidi, i mercati azionari crollerebbero, insomma un milione di tragedie. Mi creda: è la guerra che fa vivere il mondo! “.

“E dopo? “, domandò il sergente. “Quando la gente si accorgesse che è vero, che ogni nazione è disarmata e che non c’è nulla da temere, se fossimo tutti nelle condizioni di ricominciare daccapo un nuovo modo di vivere, che cosa succederebbe?”.

“Le nazioni si riarmerebbero il più in fretta possibile”.

“E se anche questo potesse essere impedito? “.

“Ci si combatterebbe a pugni. Sterminati eserciti di uomini armati di guantoni con punte d’acciaio si schiererebbero ai confini di ogni paese. E se si strappassero loro i guantoni, si combatterebbe con le unghie e con i denti. E se gli si amputassero le braccia, si sputerebbero addosso. E se gli si tagliasse la lingua e gli si conficcasse in bocca un tappo, riuscirebbero a riempire l’atmosfera con una concentrazione di odio tale da uccidere tutti gli insetti e far piombare stecchiti a terra gli uccelli dai fili del telefono”.

“Allora non pensa che sarebbe una cosa buona? “, domandò il sergente.

“Neanche per sogno. La guerra è utile. È la forza che manda avanti il mondo! Metta via la sua “ruggine” e pensi ad una bella battaglia! “.

Il giovane sergente alzò la testa di scatto. “Come fa a sapere che ce l’ho? “.

“Che cosa? “.

“La ruggine, naturalmente “.

“Ma di che cosa sta parlando? “.

“Posso farlo, capisce? Potrei mettere in moto la ruggine stasera stessa, se volessi”.

L’ufficiale scoppiò a ridere. “Lei sta scherzando “.

“Non mi sogno neanche. Volevo venire io da lei a parlare. Sono lieto che mi abbia chiamato. È da anni che lavoro a questa mia invenzione, è il sogno della mia vita. Ha a che fare con la struttura di certi atomi. Se si studiano attentamente, si scopre che la sequenza degli atomi nell’acciaio obbedisce a una regola precisa. Quello che cercavo io era un fattore che mettesse scompiglio negli atomi. Come sa, io sono laureato in fisica e metallurgia. L’idea da cui sono partito è che esiste nell’aria, in ogni momento, una sostanza ossidante. È il vapore acqueo. Ho trovato il modo di dirigerlo a colpo sicuro. Un raggio di vapore acqueo concentrato. Non lo dirigerò contro ogni tipo di metallo, naturalmente. La nostra civiltà è fondata sull’acciaio e io non vorrei certo distruggere la maggior parte degli edifici. Mi limiterei a eliminare i cannoni e i proiettili, i carri armati, gli aerei, le navi da guerra. Posso adattare la macchina anche al rame, all’ottone e all’alluminio, se necessario. Basta che passi vicino a quelle armi per farle disgregare”.

Il generale guardava il sergente con gli occhi fissi e la bocca aperta. Gli si leggeva in faccia un pensiero preciso: “Hanno proprio ragione, è completamente matto! “. Infilò una mano nella tasca interna della giacca e ne trasse una costosa penna a sfera il cui cappuccio era costituito da una pallottola di fucile. Tolse il cappuccio e cominciò a riempire un modulo. “Voglio che porti questo al dottor Mattei e che si faccia visitare dalla testa ai piedi. Non che sospetti niente di male, sia chiaro. Ma non sente anche lei il bisogno di rivolgersi ad un medico?”.

Un mucchietto di polvere finissima

“Lei pensa che io stia mentendo a proposito della macchina”, ribatté il sergente. “Invece non mento. È così piccola che la si può nascondere in un pacchetto di sigarette, ma ha un raggio d’azione di millecinquecento chilometri. Potrei coprire l’intero paese in pochi giorni, adattando la macchina ad un certo tipo d’acciaio. Le altre nazioni non potrebbero approfittarne, perché farei subito arrugginire le loro armi se tentassero di invaderci. Nel giro di un mese il mondo intero sarebbe liberato per sempre dalla guerra. Non so come sono riuscito a inventare la macchina. È impossibile, a prima vista. Ma dicevano impossibile anche la radio e l’aeroplano. Nessuno pensa che potrà mai esserci la pace. Ma la pace verrà”.

“Vada subito a farsi visitare dal dottor Mattei “, disse in fretta l’ufficiale.

“No. Lascio la base entro pochi minuti. Ho un lasciapassare”.

Il sergente aprì la porta dell’ufficio e uscì.

L’uscio si richiuse e l’ufficiale rimase solo. Sospirò. Si strofinò le mani sugli occhi. Poi trillò il telefono. Rispose con voce assente.

“Oh, salve, dottore. Stavo proprio per chiamarla”. Una breve pausa. “Quel sergente è matto da legare. Volevo mandarlo da lei. Può andare in giro così? Ah, è innocuo. Se lo dice lei, dottore. Probabilmente ha bisogno di riposo, di un lungo riposo. Il povero ragazzo ha delle allucinazioni piuttosto interessanti. Sì, sì. Un vero peccato. Ma sono i guai che combina una guerra così lunga, immagino “.

Cominciò a parlare il medico.

Il Generale stette ad ascoltarlo annuendo. “Voglio prendere un appunto. Aspetti un istante”. Si infilò la mano nel taschino per prendere la penna. Niente. Si passò le mani in tasca. Si mise a perlustrare tutti i cassetti. Ricontrollò il taschino del giubbotto. Niente. Poi infilò lentamente le dita nel taschino, fino in fondo. Fra il pollice e l’indice afferrò un pizzico di qualcosa.

La sparse sulla scrivania: un mucchietto di polvere finissima, ruggine color arancione.

Restò immobile a guardarla per qualche secondo. Poi afferrò il telefono di servizio. “Pronto, posto di guardia, ascoltatemi. C’è un uomo che vi passerà davanti da un momento all’altro, lo conoscete, il sergente Hollis. Fermatelo, sparategli addosso, uccidetelo se è necessario, non fategli domande, è il comandante che vi parla. Sì, uccidetelo, avete sentito bene! “.

“Ma, signore”, disse una voce sconvolta all’altro capo della linea. “Non posso, proprio non posso… “.

“Come sarebbe a dire che non può, maledizione! “.

“Il fucile si è polverizzato… “.

Il Generale sprofondò nella poltrona. Per mezzo minuto rimase inerte, boccheggiante.

Fuori, in quel momento, gli hangar si stavano sbriciolando in soffice polvere dorata, i bombardieri venivano portati via dal vento in una nuvola di ruggine rossiccia, i carri armati stavano sfaldandosi. Anche le autoblindo si stavano dissolvendo in sbuffi di polvere, i loro autisti si trovavano improvvisamente a sedere sull’asfalto ancora con i pugni chiusi intorno ad un volante che non c’era più.

“Ascoltatemi, ascoltatemi “, urlò l’ufficiale. “Inseguitelo, prendetelo con le mani, strozzatelo con i pugni, pestatelo con i piedi, ma prendete quell’uomo! “. Riappese il ricevitore.

Istintivamente aprì di scatto l’ultimo cassetto della scrivania per prendere la pistola. Un mucchi etto di ruggine bruna riempiva la fondina nuova di cuoio. Balzò in piedi.

Mentre usciva dal suo ufficio afferrò una sedia. È di legno, pensò. La scaraventò due volte contro il muro e la sedia andò in pezzi. Raccolse una delle gambe, la impugnò con forza, il volto rosso di eccitazione e rabbia, il respiro che gli usciva affannoso dalle narici, la bocca spalancata. Si percosse il palmo della mano sinistra con la gamba della sedia, come per provarla. “Va bene, a noi! “.

Si precipitò all’aperto con un urlo sbattendosi la porta dietro le spalle.

Come finirà questa storia? Il Generale raggiungerà il sergente e lo fermerà con la sua clava? O il sergente riuscirà a polverizzare tutte le armi del mondo?

lunedì 18 gennaio 2010

della libertà (ancora e ancora e ...)

“La libertà non è prescindibile. Dagli albori del genere umano tutti gli uomini nascono liberi. Dio non crea l’uno servo dell’altro, bensì concede a tutti lo stesso libero arbitrio. La libertà è un diritto insito nell’uomo per necessità e di per sé, come conseguenza della natura razionale.”

Bartolomé de Las Casas,

De regia potestate


Pubblicato in

domenica 17 gennaio 2010

della età


L'età che si vorrebbe avere
rovina quella che si ha.

D. D'arc, Petit Bréviaire du Parisien


giovedì 14 gennaio 2010

dell'oblio


Considera come è rapido l’oblio di ogni cosa, interminato dall’una parte e dall’altra il caos delle età, vana cosa il rumore, mutabile e inconsiderato chi in apparenza ti esalta, angusto il luogo dove è circoscritto il suo dire.

MARCO AURELIO, I ricordi

mercoledì 13 gennaio 2010

La casa


Mentre la mia compagna cuoce

la carne al fuoco

monto il teepee

disegno un cerchio sulla terra,

tiro i lacci di cuoio,

pianto i pioli:

ecco ora è di nuovo casa

sulla mia terra.

CANTO CHEYENNE


Pubblicato in Un po' di generico bla bla | Modifi

lunedì 11 gennaio 2010

Essere immortale




Essere immortale è cosa da poco:
tranne l'uomo, tutte le creature lo
sono, giacchè ignorano la morte;
la cosa divina, terribile,
incomprensibile, è sapersi
immortali.

J. L. Borges

domenica 10 gennaio 2010

della legge

Parliamo di sport quando un uomo vuole uccidere una tigre; parliamo di ferocia quando una tigre vuole uccidere un uomo.

La distinzione fra crimine e giustizia non è più grande.

George Bernard Shaw

sabato 9 gennaio 2010

Un aroma fiorito

Un aroma fiorito

M'è rimasta di te

un’ombra chiara

un velo colorato sul

dolore

un aroma fiorito

dai tuoi occhi.

Sogni

ricordi

foglie tenue in volo. Ali.

Ali frementi

ali sussurranti.


banzai43


venerdì 8 gennaio 2010

della bellezza

Della bellezza

Dite ad una donna soltanto una volta che è bella,

e il diavolo glielo ripeterà dieci volte.

ANONIMO

domenica 3 gennaio 2010

Piccoli vortici vaganti


Milano, ieri 2 gennaio 2010. Mattino di una splendida giornata di sole, un venticello mite che raggruppa le rade foglie sparse in piccoli vortici vaganti.

Giornata ideale per dare quattro pedalate in sella alla bici (l’ultima uscita risale alla metà del dicembre scorso). Fare una sgambata, come si dice anche per favorire lo smaltimento di qualche etto in più, certamente accumulato in questi ultimi giorni.

All’inizio un filo di fatica, ma vuoi mettere l’ebbrezza dell’andare? L’aria frizzante sul volto? Le mani prossime ad assomigliare a ghiaccioli? Il movimento, poi, genera calore, la pedalata si fa più svelta, il corpo reagisce pronto alla fatica di un piccolo strappo, il fiatone s’acquieta … e via felice per le strade.

Entro in un parco: alberi spogli, erba screziata di bianco per il freddo della notte, una fontanella gorgogliante. Fuori dal parco le vie della città, macchine assonnate anch’esse come i loro conducenti, la città assopita.

Una visita al cimitero. Pochi fiori, rossi come piaceva a mio padre. Un saluto ai genitori ed ai nonni.

Rimonto in sella per un ritorno, senza fretta, per un pranzo in famiglia, per l’occasione aumentata da una coppia d’amici e d’ambedue i figli.

Un buon inizio di giornata, tranquilla e piana, senza affanno alcuno. Una giornata normale, una fortuna, di questi tempi, non alla portata di tutti.

banzai43


Pubblicato in

della condotta



Se volete che le vostre labbra non errino, osservate accuratamente queste cinque cose: a chi parlate, di chi parlate, e come e quando e dove.

ANONIMO

venerdì 1 gennaio 2010

La cicogna è arrivata!

L’anno 2010

è nato.

Tanti auguri a tutti,

ai belli come ai brutti.

banzai43