Il gigante cattivo
(Manuel Castells)
Arrivata la crisi, il colosso della finanza Aig
è stato così arrogante da chiederci di salvarlo
da “Internazionale” n. 786, 12 marzo 2009
La crisi finanziaria globale continua ad aggravarsi distruggendo imprese, risparmi, posti di lavoro e vite umane. Ha colpito tutti i paesi del mondo, perché i mercati finanziari sono interdipendenti.
Vi farò un esempio concreto. Pensate a quello che è successo alla compagnia assicurativa statunitense Aig nel settembre del 2008, quando la sua valutazione di credito è scesa al di sotto del magico AA. Tra settembre e novembre, la Federal reserve e il dipartimento del tesoro hanno iniettato nell’Aig 150 miliardi di dollari perché potesse fare fronte ai suoi impegni.
Nonostante questo, il titolo ha perso il 95 per cento del suo valore in borsa e nell’ultimo trimestre del 2008 ha bruciato 62 miliardi di dollari: la più alta perdita trimestrale che un’impresa abbia mai registrato nella storia del capitalismo. Tanto che, il 1 marzo, l’amministrazione Obama ha annunciato che dovrà erogare all’Aig un ulteriore contributo di 30 miliardi, e forse intervenire di nuovo in futuro.
Perché questo accanimento nel cercare di salvare una società nonostante la sua gestione disastrosa e il suo passato di frodi e speculazioni? La ragione è che secondo il presidente della Federal reserve Ben Bernanke e il segretario al tesoro Tim Geithner, il fallimento dell’Aig rischiava di essere la miccia che avrebbe fatto esplodere il sistema finanziario mondiale.
In altre parole, l’Aig è il cuore della bestia che abbiamo nutrito con la finanza irresponsabile degli ultimi decenni. Le sue ramificazioni si estendono ovunque e la sua incapacità di mantenere i propri impegni provocherebbe il fallimento a catena di banche, imprese e famiglie negli Stati Uniti, in Cina, India, Giappone, a Singapore e a Hong Kong, in America Latina e in Europa. Affonderebbe perfino il Manchester United, di cui è l’azionista principale. Ma cos’è l’Aig? Proviamo a ricostruirne la storia.
Shanghai, 1919. Cornelius Starr, un uomo d’affari statunitense, crea una compagnia di assicurazioni per il mercato cinese, l’American international group. Dopo la rivoluzione cinese l’ Aig trasferisce la sua sede a New York. Guidata dal 1968 al 2005 dal leggendario finanziere Hank Greenberg, l’Aig si estende in tutto il mondo, soprattutto in Inghilterra, Cina, India, Giappone e nel sudest asiatico.
Nel 2007 è la seconda società assicuratrice del mondo per patrimonio (1.050 miliardi di dollari), con 110 miliardi di utili all’anno e 116mila dipendenti. Anche se sottoscrive ogni tipo di polizze, negli ultimi tempi il suo compito principale è stato assicurare i portafogli delle banche, cioè quei depositi in cui i famosi titoli “tossici” erano mescolati con prodotti più solidi.
Quando il mondo si è accorto che le garanzie delle banche si basavano sulla sopravvalutazione dei loro titoli, l’Aig avrebbe dovuto coprire i suoi assicurati. Ma non poteva farlo, perché aveva assicurato molto più di quello che avrebbe potuto.
E perché, sotto la direzione del guru della finanza Joseph Cassano (che molti considerano uno dei responsabili della crisi), era immersa fino al collo nel commercio dei famigerati derivati o Cds (credit default swaps), cioè nella frammentazione delle polizze assicurative con conseguente titolarizzazione e vendita di quei frammenti sul mercato.
Un metodo per cui nessuno sa più chi è responsabile di che cosa. Insomma, approfittando della scarsa regolamentazione, l’Aig ha operato ai limiti della legalità e, secondo Bernanke, ha speculato in modo irresponsabile, perdendo il capitale che sarebbe dovuto servire per coprire i rischi dei suoi assicurati. Alla fine ha anche violato le leggi: nel 2005 la Sec, l’autorità di vigilanza delle borse americane, ha accusato di truffa il suo amministratore delegato Greenberg e vari altri dirigenti, multando la società per 1,6 miliardi.
Le frodi, la mancanza di trasparenza, le speculazioni fatte approfittando della deregulation non hanno impedito all’Aig di continuare a essere l’assicuratrice del mondo. Per questo, quando si è disintegrata, era necessario salvarla a ogni costo.
Cosa credete che abbiano fatto i suoi dirigenti in questi mesi di crisi? Hanno speso 440mila dollari per un weekend in California a settembre, altri 86mila per andare a caccia in Inghilterra in ottobre e ancora 343mila per una vacanza nel deserto dell’Arizona a novembre (e queste sono solo le spese che conosciamo).
E chi c’è nel consiglio d’amministrazione dell’Aig? Il presidente è Edward Liddy, che viene dalla Goldman Sachs ed è stato direttore finanziario della G.D. Searle all’epoca in cui l’amministratore delegato era il segretario alla difesa Donald Rumsfeld.
E c’è anche Suzanne Johnson, che è al trentaquattresimo posto nella classifica delle donne più potenti del mondo, ha studiato a Harvard ed è ex vicepresidente della Goldman Sachs, del gruppo Hilton, della Ibm Services, della Fondazione Rockefeller, di Multimedia, docente di economia a Harvard ed ex consulente di Bush.
Questo colosso della finanza, orgoglioso dei suoi modelli matematici, convinto di avere il diritto di assicurare il mondo e al tempo stesso di tenerci all’oscuro sulla nostra insicurezza reale, quando è scoppiata la crisi ha avuto l’arroganza di chiederci di salvarlo. Perché sa che la nostra salvezza dipende da lui.