venerdì 23 luglio 2010

Il mio amico Pecos Bill

Il mio amico Pecos Bill

Oggi adulto, pochi sono i ricordi degli anni a cavallo fra infanzia e giovinezza, ma la figura di Pecos Bill si staglia nella mia mente a tutto tondo, ancora presente in modo vivido, affettuoso, sorridente.

Erano gli inizi degli anni ’50, le mie attese molte, le mie speranze, per quanto possibile, ancora di più.

Erano gli inizi degli anni ’50, la mia mancia settimanale, molto molto scarsa, arrivava la domenica, prima della Messa e veniva presto spesa, quasi interamente.

La domenica, infatti, nei pressi d’un piccolo negozio di fronte alla chiesa, stazionava un tizio legato a me da un patto di sangue. Vendeva quotidiani, qualche rivista e giornalini (fumetti si direbbe ora).

Era l’uomo che una domenica si ed una no, in base ad un accordo “fra uomini d’onore”, avrebbe conservato per me, a rischio della propria vita, una copia dell’ultimo numero di Pecos Bill uscito il giovedì precedente (60 lire se ben ricordo; albo quattordicinale). Ancor oggi al ricordo riecheggia in me l’emozione domenicale di allora, l’accelerazione del mio cuore. Una nuova puntata di Pecos Bill, il leggendario eroe del Texas, tutta per me da divorare, consumare con gli occhi, copiarne i disegni .

Pecos Bill, come un fratello maggiore mai avuto. Di più, il mio personalissimo eroe, maestro di vita, d’avventura, di speranza.

Pecos Bill, sbalzato in fasce da un carro Conestoga di pionieri nell’attraversamento del fiume Pecos (affluente del Rio Grande), annusato ed allevato dai coyotes, campione di lasso, cresciuto indomito, senza paura, raddrizza torti innamorato della piccola Sue, onesto, timido, audace, coraggioso, con un senso assoluto dell’amicizia e, soprattutto, uomo giusto e libero.

Uomo straordinario, insomma, per me ancora affascinante come allora. Ma quanti altri personaggi della mia infanzia avevano doti pari alle sue? Perché Lui, allora? Quali i suoi segreti?

Pecos Bill non portava pistole, non ha mai ucciso nessuno, se qualcuno moriva (con poche eccezioni solo i cattivi) erano castighi divini (un fulmine ad esempio), un piede messo in fallo presso un precipizio, il morso di un serpente, una rovinosa caduta da cavallo durante una fuga precipitosa, la prateria in fiamme o altri eventi frutto del caso o della ribellione della natura.

Ma se il cattivo non era tale fino in fondo, se una piccola fiammella mostrava una seppur tenue possibilità di recupero Pecos Bill, allora, stendeva la mano, offriva il braccio e la tenzone passata si trasformava in amicizia, forte, maschia, durevole. Un’amicizia giusta, un’amicizia fra uomini liberi.

Queste, credo, le ragioni del suo fascino su di me: non violento, romantico, innamorato, selvaggio quanto basta, alla ricerca della verità, sempre pronto per gli amici, giusto e libero.

Ai miei occhi di fanciullo, quando il mondo mi era contro, arrivava Lui, Pecos Bill a cavallo di Turbine, in compagnia di un improbabile Davy Crockett in sella a Generale, di Penna bianca (il pard indiano), di uno stuolo di coyote accorso al suo richiamo. E improvvisamente tutto riprendeva la sua giusta dimensione, la tristezza si stemperava, mettevo un giornaletto sotto il cuscino e m’addormentavo sereno.

Oggi di Pecos Bill m’è rimasto qualche album ristampato, un disegno che lo vede a cavallo appeso nel mio studio ed il mio fresco, ma malinconico ricordo.

Rifletto e mi dico che Pecos Bill mi manca, mi manca quel mondo che suo tramite avevo intravisto. I buoni avrebbero trionfato, i colpevoli pagato, ma con possibilità di riscatto.

Credo che in tempi come questi avremmo tutti bisogno del ritorno di Pecos Bill. Ma di lui non v’è traccia.

Forse “…deep in the heart of Texas …” chissà …

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