giovedì 27 maggio 2010
mercoledì 26 maggio 2010
(tremendamente vera) della libertà
Da' la libertà all'uomo debole, ed egli stesso si legherà e te la riporterà. Per il cuore debole la libertà non ha senso.
F. DOSTOIEWSKY, La padrona
martedì 25 maggio 2010
dell'inquietudine e della vita
CAFFE’
da ‘Incontro d’amore in un paese in guerra’
Luis Sepùlveda
Lei è sotto la doccia. L’acqua le cade sul corpo e vi indugia formando repentine stalattiti nell’abisso di quei seni che hai baciato per ore e ore. Metti il caffè nel filtro, calcoli la quantità d’acqua per quattro tazze e premi il bottone rosso.
Senti il suono dell’acqua che inizia a bollire elettricamente e goccia a goccia cade sul caffè, formando quella melma aromatica. Malta ch’unisce le pietre del selciato mattutino.
Lei appare col suo accappatoio annodato in maniera distratta. Puoi vederle le cosce splendenti, ancora umide. Prendi la caffettiera, la porti sul tavolo, prepari le tazze, vedi che i garofani resistono nella loro agonica altezza rosata. Non sono così assolutamente perituri come le rose di maggio.
Ora lei appare con un asciugamano annodato come un turbante, puoi vederle la nuca, il collo liscio e fresco che profuma di talco. Sotto il turbante, una minuscola ciocca di capelli sfugge alle intenzioni dell’asciugatura e aderisce alla pelle con una strana presenza bionda, pietrificata. Lei si siede, lo fai anche tu, e davanti a voi il solito silenzio prende il suo posto.
Servi il caffè lentamente, tendi verso di lei la mano con la tazza piena, riempi la tua, con lo sguardo le offri le cose che sono sul tavolo. Pane, burro, marmellata e altri alimenti che a quest’ora e in queste circostanze ti appaiono assolutamente insipidi. Vedi che lei non accetta, che si limita ad accendere una sigaretta e a versare qualche goccia di latte nella sua tazza di caffè.
Con il cucchiaio compi brevi movimenti circolari che pian piano formano spirali, finchè non sei certo della totale dissoluzione dello zucchero che è sprofondato come polvere di specchi in un pozzo, silenziosamente, rispettando il carattere inviolabile di questa mattina-silenzio che inizia.
Alla fine è lei la prima ad assaggiare il caffè e lì per lì pensa che forse la tazza era sporca. Solleva gli occhi, ti guarda senza recriminazioni nello stesso istante in cui tu bevi il primo sorso e immagini che questo sapore per il momento inqualificabile sia dovuto alla sigaretta, ma è lei a dirlo:
“Questo caffè sa di fallimento”.
Allora ti alzi in piedi, le strappi la tazza di amno, prendi la caffettiera e rovsci il liquido nel lavandino.
Il caffè scompare in un gorgoglio caldo e non resta altro che un alone scuro attorno allo scarico. Apri un pacchetto nuovo, calcoli l’acqua per quattro tazze e rimani in piedi aspettando che, goccia a goccia, si formi di nuovo quella porzione di melma mattutina.
Lo servi. Lei assaggia. Ti guarda con tristezza. Non dice nulla. Bevi dalla tua tazza e la guardi. Ora sei tu a esclamare:
“E’ vero. Sa di fallimento.”
Lei dice con indulgenza che può essere dovuto allo zucchero o al latte e tu gridi che non hai messo nè latte nè zucchero nel tuo caffè.
Accende un’altra sigaretta e spinge via la sua tazza in mezzo al tavolo, mentre tu tiri fuori i pacchetti di caffè che conservi in dispensa e con la punta di un coltello li apri uno dopo l’altro, palpi freneticamente con le dita quella polvere fine, assaggi, sputi, imprechi, e ti rendi conto che tutto il caffè di casa ha lo stesso ineluttabile sapore di fallimento.
Lei non ne ha assaggiato neppure un po’, ma lo sa.
Te lo dice in silenzio. Te lo dice con lo sguardo perso nei disegni poliedrici della tovaglia. Te lo dice con il fumo che soffia fuori dalle labbra.
Torni alla tua sedia con la sensazione di avere una specie di mattorne in gola. Vuoi parlare. Vuoi dire che assieme avete bevuto molti caffè che sapevano di oblio, di disprezzo, di odio gentile e monotono. Vuoi dire che questa è la prima volta che il caffè ha un esasperante sapore di fallimento.Ma non riesci ad articolare neppure una parola.
Lei si alza dal tavolo. Va nella stanza accanto. Si veste lentamente e alle tue orecchie arriva il clic del suo braccialetto. Si avvicina alla porta, prende le chiavi, la borsa, il piccolo libro da leggere in viaggio, le viene in mente qualcosa prima di aprire la porta e torna indietro fino a dove sei tu per stamparti sulle labbra un bacio freddo che, per quanto ti sembri incredibile, ha lo stesso sapore di fallimento del caffè.
lunedì 24 maggio 2010
domenica 23 maggio 2010
venerdì 21 maggio 2010
giovedì 20 maggio 2010
della cattiva politica
M
Quando il popolo spadroneggia, s’agisce soltanto tumultuosamente e senza consultare la ragione, gli onori sono venduti ai più ambiziosi, l’autorità è in balia dei più sediziosi.
P. CORNEILLE, Cinna
mercoledì 19 maggio 2010
Il proverbio spagnolo
Il proverbio spagnolo
da “Giardinieri principesse porcospini”
Consuelo C. Casula
C’era una volta un giardiniere ammirato da tutti per la sua serenità, calma e tranquillità. Un giorno un giovane vuole trasformare l’ammirazione in emulazione e conoscere il segreto di questa capacità di apprezzare i lati positivi della vita. Non gli resta che chiederglielo. E il giardiniere risponde che deve tutto a un proverbio che sua mamma spagnola amava citare: “Si hai remedio porquè te apuras y si no hai remedio porquè te apuras”.
“Cosa significa?” Chiede il giovane che non conosce lo spagnolo.
“Significa semplicemente che se puoi fare qualcosa per rimediare o risolvere un problema è inutile preoccuparti: devi solo impegnarti per risolverlo. Se invece hai esaminato che non c’è possibilità di rimedio o di trovare soluzioni è inutile preoccuparti: devi impegnarti per accettare con animo sereno quello che non puoi modificare”.
Il giovane capisce che questa è una buona strategia ma non riesce a immaginare come possa essere applicata, come si possa riuscire a riconoscere ciò che è modificabile da ciò che non lo è, quello che dipende da noi da quello che non dipende da noi..
Allora chiede al giardiniere come fa riconoscere questa differenza. Il giardiniere ricorda che anche per lui questa è stata la cosa più difficile, e gli ha richiesto molto impegno. Ma oggi crede di riuscire abbastanza facilmente. Egli fa un esempio: “decidere quale seme piantare dipende da te, ma se tu decidi di seminare un certo giorno e poi quel giorno piove devi accettare la pioggia, modificare i tuoi piani e dedicarti a qualcos’altro”.
Il giovane capisce, grazie alla semplicità dell’esempio, ma ha ancora dei dubbi e con ritrosa insistenza chiede al giardiniere se ha qualche regola generale da suggerirgli.
Il giardiniere ci pensa un po’ e poi risponde che lui ha tre regole fondamentale: misurare la propria potenza e i propri limiti; concepire se stesso come solutore di problemi senza compiacimento nè arroganza; guardarsi dalla disperazione senza via d’uscita e dalla speranza senza fondamento.
martedì 18 maggio 2010
della "Storia d'Italia"
Non hanno gli uomini maggiore inimico che la troppa prosperità; perché gli fa impotenti di sè medesimi, licenziosi ed arditi al male, e cupidi di turbare il ben proprio con cose nuove.
F. Guicciardini, Storia d’Italia
Sembra cronaca di oggi. Sono, invece, riflessioni d’un lontano passato.
Buon futuro a tutti.
lunedì 17 maggio 2010
Un partigiano chiamato Balilla
Un amico mio, poeta pluripremiato, ex compagno di lavoro e d’una qualche avventura anche politica, da qualche tempo è anche scrittore.
Di Lui, recentemente, ho letto e recensito per conto di una rivista l’ultimo suo lavoro edito non da Mondadori o Rizzoli o Feltrinelli o … , ma da un piccolo editore, sconosciuto ai più.
E’ un bel libro, di grande, grandissima qualità. Questo è il motivo, unico e solo, che mi induce a fornirVi le informazioni perché possiate procurarvelo, leggerlo e farlo leggere. Non sarà tempo perso.
Un partigiano chiamato Balilla
di Adriano Molteni
Ed. Giancarlo Zedde – Torino
http://www.zedde.com/
Eccovi un assaggio:
“Vedi figliolo … non è un miracolo, ma qualcosa di strano si. L’acqua sparisce e poi ricompare e non c’è mezzo di fermarla. Non è come il fuoco che prima o poi si spegne. L’acqua no, non si può fermare. L’acqua fa ciò che vuole.” …
La mamma era tirata e stanca. … Non aveva ancora ventisei anni ed era incinta per la quarta volta: Era una bella donna, pur sfiorita precocemente per le preoccupazioni e le sopportazioni fisiche e morali. …
Gino e Gianni erano ancora bambini ed erano amici. Davano retta alle loro fantasie e assieme, spesso, inseguivano i loro sogni. …
Gino spiegava a Marianna che non era assolutamente vero che la cicogna portava i bambini e sosteneva la sua tesi affermando di non averne mai viste da quelle parti. C’erano invece gli aironi. Quelli si e anche di varie specie. …
I suoi pensieri erano semplici, dettati da ciò che gli era capitato direttamente ed ebbe attimi di sconforto. Così si rifugiò su quel pendio a vedere l’acqua del Soligo scorrere tra i sassi nel largo greto, le piante del granoturco, che si stavano aprendo la via verso il cielo, …
Era adorabile quella creatura. Era semplice e pulita. Era proprio un fiore che abbelliva ogni ambiente. Era la sua Livia: la donna della sua vita. …
… era certo che sarebbe uscita una nuova Italia, diversa, con idee più giuste e maggior giustizia sociale. … Persone che avrebbero fatto leggi giuste, in grado di dare non solo speranze, ma un vero benessere futuro.
“Fai ciò che vuoi, amore. Fai ciò che ti detta il cuore. Chi sono io per spegnere i tuoi sogni? E’ sufficiente essere una moglie per legare un uomo a una vita non voluta e che lo tormenterebbe per sempre?” …
La morte stava altrove e sicuramente dove non esisteva la libertà. …
In Italia i governi si susseguirono promettendo tanto e mantenendo poco.
Tante speranze e tanti sogni rimasero sulle montagne, sepolti assieme a migliaia di giovani.
—
E’ la storia di un italiano, dall’infanzia all’età della ragione. Un viaggio compiuto in tempi difficili, sempre. Un romanzo breve, di facile lettura. Una piccola perla che non sfigurerebbe fra le letture scolastiche molto consigliate.
Il racconto miscela, con dolcezza e malinconia, uno scampolo di vita-patria d’una Italia che non è più, ma che non deve essere scordata. Un’Italia che nella povertà e nel dolore, ha saputo, con enormi sacrifici ed un grave tributo di sangue, riscattarsi dalle barbarie, conquistare una nuova libertà, dare maggior valore alla famiglia, alla religione, all’amicizia, all’amore.
Un breve romanzo, dicevo, pensieroso e amabilissimo, dove il desiderio e la necessità di giustizia e di equità sociale traboccano.
Un volumetto da acquistare e leggere per regalarlo poi, magari, ai nostri nipoti perché sappiano anch’essi o semplicemente non dimentichino, che ogni cosa importante ha un suo prezzo, talvolta elevatissimo come la vita.
A tutti gli amici l’augurio di
buona lettura e di
Buon Futuro
banzai43
domenica 16 maggio 2010
venerdì 14 maggio 2010
del combattimento
Del combattimento
Un antico compagno di battaglia venne a far visita al guerriero per interrogarlo sul combattimento.
Il guerriero lo fece accomodare nella sua tenda e servì il tè. Colmò la tazza del suo ospite, e poi… continuò a versare.
Il compagno di tante passate battaglie guardò traboccare il tè, poi non riuscì a contenersi: “fermati, la tazza è ricolma. Non ce n’entra più!”
“Come questa tazza,” disse il guerriero “tu sei ricolmo delle tue opinioni e congetture. Come posso allora spiegarti cosa è il combattimento, se prima non vuoti la tua tazza?”
giovedì 13 maggio 2010
della gloria
mercoledì 12 maggio 2010
lunedì 10 maggio 2010
Notizie a ...
Notizie a Giuseppina dopo tanti anni
Mario Luzi
(Firenze, 20 ottobre 1914 – Firenze, 28 febbraio 2005)
Che speri, che ti riprometti, amica,
se torni per così cupo viaggio
fin qua dove nel sole le burrasche
hanno una voce altissima abbrunata,
di gelsomino odorano e di frane?
Mi trovo qui a questa età che sai,
né giovane né vecchio, attendo, guardo
questa vicissitudine sospesa;
non so più quel che volli o mi fu imposto,
entri nei miei pensieri e n’esci illesa.
Tutto l’altro che deve essere è ancora,
il fiume scorre, la campagna varia,
grandina, spiove, qualche cane latra
esce la luna, niente si riscuote,
niente dal lungo sonno avventuroso.
domenica 9 maggio 2010
venerdì 7 maggio 2010
delle parole
La lettura è il viaggio di chi non può prendere un treno.
F. DE CROISSET, Le coeur dispose
La lecture est le voyage de ceux qui ne peuvent prendre le train.
giovedì 6 maggio 2010
di quel d'Adamo
Pomo d’Adamo
Protuberanza del collo maschile provvidenzialmente fornita dalla natura per tenere il cappio al posto giusto.
Ambrose Bierce
martedì 4 maggio 2010
La nostra barca
La nostra barca
Da più di quarant’anni navighiamo.
Poca la brezza,
molta la procella
e’l mare tempestoso
superato, ma attenti
sempre
a governar la
la prua.
Nostromi
e capitani a giorni alterni
e mozzi e cucinieri e pur camalli.
Di salvataggio canotti l’un per l’altra.
Tu ed io, io e tu,
noi,
sempre insieme.
banzai43
lunedì 3 maggio 2010
dell'ingiustizia e del caso
Se il mondo fosse governato veramente dal caso, non ci sarebbero tante ingiustizie. Perché il caso è giusto. Anzi la sua natura è proprio questa: d’essere giusto per eccellenza. Esso cade a destra e a sinistra, sempre neutrale, sempre indifferente, sempre uguale, sempre equilibrato. Se il giuoco fosse senza malizia, non vi sarebbe l’ingiustizia. C’è ingiustizia, perché si giuoca con le carte preparate.
L’abate GALIANI, Lettere