WILLIAM SHAKESPEARE
mercoledì 31 marzo 2010
martedì 30 marzo 2010
della gelosia
La gelosia è il peggiore dei mali, e quello che fa meno compassione a chi ne è la causa.
LA ROCHEFOUCAULD, Maximes
30.03.2010: i vincitori
La consultazione elettorale, chiusasi ieri in Italia, ha evidenziato nel raggruppamento di destra il vincitore. Ed all’interno di questa coalizione la crescita, estremamente rilevante, è della Lega Nord, in assoluto la vincitrice primaria.
Onore ai vincitori e l’augurio che, accantonati i personalismi, possano trasformare l’Italia in una Nazione pià libera e più giusta.
A loro ed anche a chi vinto non ha, l’augurio di buon lavoro.
banzai43
lunedì 29 marzo 2010
domenica 28 marzo 2010
della vita e della società
La vita non può esistere in società se non per reciproche concessioni.
Johnson, Letter to J. Boswell, 1766
- – -
Chi non può fare a meno della società, deve assoggettarsi ai suoi usi, perché essi son più potenti di lui.
KNIGGE
Un sorriso straniero
Al centro di Milano
un negozietto
piccolo e lindo
dal profumo intenso.
Di poco prezzo
e di pretese nulle
offre i colori
e la cucina indiana.
Lenticchie
birra
pollo al curry e dolce.
Tutto a due soldi.
Un sorriso straniero
al pagamento
un “ciao” buttato là
in tutta fretta.
Poi,
tacitato lo stomaco padrone
ecco la strada vivace, le vetrine
e tu che torni a lavorare pronto.
banzai43
sabato 27 marzo 2010
dell’avere dei sogni
Colpisce più in alto chi mira alla luna,
che chi tira ad un albero.
Ti amai
Ti amai
Ti amai – anche se forse
ancora non e’ spento
del tutto l’amore.
Ma se per te non e’ più tormento
voglio che nulla ti addolori.
Senza speranza, geloso,
ti ho amata nel silenzio e soffrivo,
teneramente ti ho amata
come – Dio voglia – un altro possa amarti.
ALEKSANDR (Mosca, 1799 – Pietroburgo, 1837)
Considerato il maggiore poeta russo. Fu esiliato perche’ alcune sue opere furono giudicate «rivoluzionarieAlberi, alberi e ancora alberi ...
Iniziativa del presidente dell’Organizzazione Agricola Italiana
Confagricoltura, 5 milioni di alberi
contro le frane e i danni dell’effetto serra
(il Ministro Stefania Prestigiacomo)
articolo ripreso dalla rete:
http://www.italysoft.com/news/adnkronos.html
In totale saranno piantati oltre 16mila ettari di nuovi boschi, un passo importante per impiegare parte di quella superficie potenzialmente utilizzabile per la forestazione che si stima attorno a 2 milioni ettari
Taormina 27 marzo – Cinque milioni di alberi per contenere frane e prevenire alluvioni, ma anche per abbassare le emissioni di C02 responsabili dell’effetto serra. L’iniziativa e’ di Federico Vecchioni, presidente di Confagricoltura che ha firmato un accordo con il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo al forum ‘Il futuro Fertile’ a Taormina sulla Green economy che mira a un riconoscimento maggiore del ruolo dell’agricoltura ai fini del contenimento dlele emissioni di C02. Il ministro si e’ detta “particolarmente lieta di firmare questo accordo con la Confagricoltura”.
“E’ un accordo per un ruolo dell’agricoltore di recupero e salvaguardia del paesaggio e del territorio che rientra in un nuovo piano di riforestazione per il paese” ha continuato Vecchioni. “Sono temi che il ministro Prestigiacomo conosce benissimo, qui abbiamo governo e istituzioni europee. Noi vogliamo essere invecentivati per un’azione sul terriorio, sia che si parli di agrumeti, sia di oliveti o di altro. E’ un’attivita’ non solo di presidio, perche’ gli agricoltori non siano giardinieri ma garanti del territorio. Ogni giorno facciamo un atto di amore quando coltiviamo terra” ha concluso Vecchioni.
Il piano messo a punto da Confagricoltura non trascura la realizzazione di nuovi boschi in aree non agricole ma prevede interventi in zone urbane e periurbane per mitigare l’impatto ambientale. In totale saranno piantati oltre 16mila ettari di nuovi boschi, un passo importante per impiegare parte di quella superficie potenzialmente utilizzabile per la forestazione che si stima attorno a 2 milioni ettari.
venerdì 26 marzo 2010
della giustizia
La giustizia è sempre violenta per l’accusato perché ogni uomo è innocente ai propri occhi.
Daniel DefoeRaiperunanotte: i teleribelli
Santoro in onda da Bologna buca la censura di Berlusconi. Appello a Napolitano: abbiamo il diritto e il dovere di farci sentire
articolo di Silvia Truzzi da Il fatto quotidiano
http://antefatto.ilcannocchiale.it
————–
Il bavaglio è diventato un megafono. ….. Chi la fa l’aspetti: la rivincita viaggia on line: 120mila accessi Internet contemporanei. E va in scena in un Palazzetto dello sport. Qui, di solito, gli spalti si riempiono per le partite di basket, ….. Il Paladozza stasera accoglie tutti gli squalificati di un gioco senza più regole né arbitri: ecco Raiperunanotte, (e)versione di Annozero dopo il cartellino rosso dell’Authority.
Michele Santoro l’aveva spiegato: “Stiamo dentro un filo spinato, ma proviamo a tagliarlo”. Dal buco della impar-condicio unilaterale, violata a piacimento dal premier (e se se n’è accorta perfino l’Agcom) sono passate migliaia di cittadini, davanti a computer, televisioni, maxischermi. …..
Resistere si può e chi intendeva spegnere voci “stonate” ha ottenuto il risultato opposto. Quelli che “rompono sempre i coglioni”, continuano a farlo: la rispettosa dichiarazione viene rilasciata a Luca Bertazzoni, inviato di Santoro, da un militante del Pdl durante la manifestazione di piazza San Giovanni. Le altre affettuose parole sono poco riferibili: le più tenere si augurano la morte di Di Pietro, Travaglio, Santoro. Come si dice: quanti crimini sono stati commessi in nome dell’amore?
Ammorbati
Dal mal d’amore al cancro, è la campagna elettorale delle malattie. Il segretario nazionale della Federazione nazionale della stampa Siddi spiega al pubblico che il “vero cancro è la manipolazione”. Ed è solo l’antipasto. Michele Santoro, nell’editoriale di apertura della puntata, si rivolge a Napolitano per suggerirgli che tra i tanti acciacchi della nostra malridotta democrazia, il peggiore è il conflitto d’interessi.
Poco prima erano andati in onda due spezzoni registrati: un Mussolini affacciato al balcone e un terribilmente simile Silvio Berlusconi in piazza San Giovanni.
“Presidente”, inizia Santoro, “noi non siamo dentro il fascismo. Ma certe assonanze sono davvero preoccupanti”. E racconta che proprio oggi ricorre l’anniversario della chiusura della Radio Libera di Partinico – l’emittente di Danilo Dolci – silenziata il 25 marzo del 1970. “Vorrei ricordarle, con grande umiltà, che il presidente Nixon per una telefonata dovette dimettersi”. Poi Santoro lancia sos a Napolitano, citando ancora il sociologo siciliano: “E’ un delitto di enorme gravità quando si registra un’interferenza diretta della politica sulla libertà d’informazione”. E aggiunge: “Questa è una violenza fatta alla Costituzione”. Però attenzione, perché come spiega Gad Lerner: “La censura crea sempre il suo antidoto”.
Il telefono no – “Chiudere i pollai pagati con i soldi pubblici”. Era l’ordine di Berlusconi all’Agcom. Invece le galline sono scappate e dimostrano che libere nell’aia fanno più rumore che chiuse nel recinto. Così le intercettazioni, eterno cruccio di un premier che non riesce nemmeno se legato a star lontano dalla cornetta, vanno in onda: Mills, Cosentino, Trani, un po’ per tutti i gusti. Santoro con Ruotolo le ripropone per dimostrare che tutti i paletti messi ad Annozero non erano un caso. E stasera vanno in onda le conversazioni che hanno “aperto il fuoco” sul programma di RaiDue e a cascata su tutti gli altri. “Non si parla di processi in tv. I processi si fanno in tribunale” (quando si riesce). E infatti, guarda la coincidenza, le docu-fiction vengono ritirate dal commercio. Pochi minuti prima dell’inizio, il presidente della Fnsi Roberto Natale parla al pubblico del Paladozza ormai strapieno. E racconta che ai signori di “questa vergognosa Rai” il vizio di telefonare non passa: in queste ore continuano a chiamare per sapere che cosa andrà in onda. Senza parole, senza pudore: come se dovesse interessare alla Rai un programma che si può vedere praticamente dappertutto fuorché sulla Rai. Anche se in Fede, le intercettazioni mica sono il Vangelo. Berlusconi non vuol far chiudere nessuno: lo spiega dallo schermo il direttore del Tg4 intervistato da Stefano Maria Bianchi. Ed è così in buona che quasi quasi gli dispiace di non essere presente.
Testimonial – In effetti chi c’è c’è, chi non c’è si nota. Lo dice Elio in una pausa delle prove, che si aggira aggrottando le sopracciglione. “Molti miei colleghi avrebbero potuto venire, invece hanno scelto di non correre nessun rischio”. Lui, con Storie tese, ha deciso cantare “Italia amore mio” del trio degli orrori, liberamente interpretata. Ma anche senza cambiare il testo va bene lo stesso: “Io non avevo fatto niente e non potevo ritornare”. Da Emanuele Filiberto a Santoro, il paradosso degli esili. E poi ci sono Giovanni Floris (che sulle intercettazioni e sulle rivoluzioni però prende le distanze), Norma Rangeri, Vauro, Roberto Pozzan, Giulia Innocenzi, Marco Travaglio applauditissimo.
Daniele Luttazzi – accolto con un calore straordinario – fa un monologo “approvato dalla Cei” per spiegare come ce l’hanno messo in quel posto: “A fare un uso criminoso della Rai sono Berlusconi e Masi. Sono otto anni che aspettavo di dirlo”. E ancora i volti di RaiTre Milena Gabanelli e Riccardo Iacona. La sigla è live: per l’occasione suonata al piano dall’autore, il maestrp Nicola Piovani. Sandro Ruotolo ha registrato uno sketch con Roberto Benigni. Si esibiscono Teresa de Sio, Antonio Cornacchione e il trio Medusa in una strepitosa satira del Tg1 (forse ha riso perfino Minzolini). I grandi vecchi: Mario Monicelli pronuncia la parola rivoluzione, Gillo Dorfles parla di democrazia viziata. E li ascoltano moltissimi giornalisti venuti perché tutto questo è voluto anche da Fnsi e Usigrai. C’è Morgan, simbolo (vabbè) della censura tossica che suona con Antonello Venditti, prima di ingarbugliarsi in un discorso fischiato dal pubblico. Non c’è Enzo Biagi. Però c’è Loris Mazzetti, par condicio a due velocità. Nella Rai di Masi e Minzolini lui è stato sospeso per dieci giorni a causa degli articoli apparsi sul Fatto. Siede dietro un filo spinato (ma ha un sacco di buchi).
giovedì 25 marzo 2010
della libertà d'espressione
Quella della libertà d’espressione è la legge con cui una democrazia sorge e cade.
STIEG LARSSON, La regina dei castelli di carta
Il Cavaliere e l'incontinenza (delle battute infelici)
Ha detto il Cavaliere che la Governatrice del Piemonte Mercedes Bresso: “Si guarda e si rovina la giornata”.
E’ l’ennesima battuta, stupida, di un politico incontinente o, semplicemente, una boutade nervosa e senza senso?
EccoVi parte di un articolo tratto da “la Repubblica.it” di ieri 24.03.2010
Rosy Bindi ha regalato uno specchio a Mercedes Bresso
ROMA – Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani ha definito “una vergogna” l’aggressione del premier Silvio Berlusconi nei confronti di Mercedes Bresso, mentre la presidente del Pd, Rosy Bindi, le ha regalato uno specchio perché, ha spiegato, “a noi piace specchiarci perché ci sentiamo bene con noi stesse”.
… (Omissis) …
Anche Rosy Bindi non molto tempo fa è stata colpita da una battuta profondamente offensiva di Berlusconi, che l’ha definita “più bella che intelligente“. E lo specchio che ha regalato a Mercedes Bresso, spiegando che si tratta di “Un omaggio alla tua femminilità, al tuo coraggio e alle tue competenze”, le era stato donato da una signora proprio “qualche giorno dopo le offese in tv del premier”.
… (Omissis) …
… ha aggiunto la Bindi “Sono convinta che Mercedes Bresso sappia difendersi dalle volgarità del premier da sola. E non credo che le donne italiane si sentano rispettate nella loro dignità da un uomo che riduce la donna alla sua dimensione fisica, che la valuta secondo un suo personale giudizio estetico e che le usa come strumento di corruzione politica. Anche così, Berlusconi contribuisce al degrado della vita civile e morale del paese”.
… (Omissis) …
“Se Berlusconi smettesse di raccontare barzellette, insultare la Corte Costituzionale e fare battute infelici e ingiustificabili contro le donne e cominciasse finalmente a occuparsi delle centinaia di migliaia di lavoratori che hanno perso il posto, come l’Istat puntualmente ci ricorda oggi, sarebbe molto meglio per tutti”, dichiara Marina Sereni, vice presidente dell’Assemblea nazionale del Pd.
“Il nostro Presidente (del Consiglio) – dice Giovanna Melandri (Pd) non ha bisogno di specchi: preferisce veder riflessa la sua immagine nei tanti adulatori che lo circondano. Solo così possiamo spiegarci il fatto che Berlusconi ritenga di essere il più avvenente e brillante statista che il nostro paese abbia mai avuto”.
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A me, quali prototipo di donne italiane risultano gradite, particolarmente, la Cucinotta e la Ferilli. Consiglio ad entrambe, delle quali non so quali saranno le scelte elettorali, di evitare qualsivoglia, possibile (seppur impalpabile ed evanescente), critica all’attuale politica di Governo. Il Cavaliere nostro, certamente, troverebbe molto da dire anche su di loro.
banzai43
mercoledì 24 marzo 2010
Europa, problemi vecchi e nuovi
La guerra dei club
Il 15 Marzo Gazeta Wyborcza, in base alle conclusioni
di un analista bulgaro (Ivan Krastev), faceva il punto sulla situazione
europea. Ne è uscito un articolo interessante. Ve ne
propongo qualche stralcio, a mio giudizio fra i più
significativi, per fare un poco di bla bla bla anche
sull’Europa della cui unificazione si evita, ormai, di parlare.
E, per come la penso io, è un errore.
Ma attenzione. Non è finita. Sta per aprirsi
il capitolo Portogallo. Cosa seguirà?
banzai43
I membri fondatori contro gli ultimi arrivati, gli stati insolventi contro quelli virtuosi, i governi che chiedono continuamente contro quelli che penano ad accettare le conseguenze dell’Unione. (Omissis) … una nuova faglia che divide l’Unione europea.
Diciamoci la verità: se la Grecia fosse un paese dell’Europa centrale la “crisi greca” non ci sarebbe mai stata. Primo, Germania e Francia non avrebbero mai ammesso nella moneta unica un paese specializzato in inefficienza economica, pessime abitudini politiche e con un gran talento per la contabilità “creativa”. Secondo, se anche la Grecia “centroeuropea” fosse finita in qualche modo nell’eurozona, c’è da scommettere che Bruxelles avrebbe tenuto sotto stretto controllo le finanze di Atene. Ma la Grecia non è in Europa centrale. Mentre la Commissione europea combatte a spada tratta la corruzione nei paesi del “club Yalta” gli altri, specialmente quelli del “club Med”, godono di un trattamento da europei virtuosi senza esserlo neanche lontanamente.
Immaginate un primo ministro bulgaro o romeno che controlla l’80 per cento dei media nazionali … Immaginate il capo di governo della Romania che si rifiuta di congelare i salari nonostante la crisi e gli ammonimenti di Bruxelles. L’Europa non è uguale per tutti: se succede a Sofia o Budapest è uno scandalo oltraggioso, se succede a Roma o Madrid è un piccolo fastidio. … Altrettanto preoccupante è la politica economica dell’attuale governo spagnolo, ma nessuno si azzarda a sollevare una critica aperta.
Bruxelles è sicuramente responsabile per la tragedia economica della Grecia. Il ruolo del governo dell’Unione è comparabile a quello recitato dai revisori della Arthur Andersen nello scandalo Enron. La crisi greca ha svelato una realtà inquietante nascosta dietro alla retorica della solidarietà europea. L’Ue parla di solidarietà ma gli stati europei non ne vogliono sapere. Per rendersene conto è sufficiente pensare che il 70 per cento dei tedeschi vogliono la Grecia fuori dall’Euro. Recentemente un membro del parlamento tedesco ha consigliato ad Atene un brillante rimedio per i problemi del paese: vendere qualche isola. Nel frattempo i media greci tirano fuori una storia dietro l’altra sull’occupazione nazista della Grecia … Diversamente da quanto si aspettavano molti politici e analisti, la crisi economica non ha risvegliato in Europa nessuno spirito di solidarietà. Anzi, è successo l’esatto contrario: la paura e la rabbia scatenatesi nei cittadini europei hanno partorito un sentimento di “rinazionalizzazione”.
Ed è l’Europa del sud, non quella centrale, il punto debole dell’economia comunitaria. Un anno fa si temeva che l’Europa centrale non avrebbe saputo affrontare la crisi in arrivo perché troppo viziata, politicamente instabile e con un’economia eccessivamente liberale. Oggi è evidente che le cose stavano e stanno diversamente. È l’Europa del sud – inconsistente, arretrata e lasciata troppo libera da Bruxelles – che non è in grado di rispondere alle sfide dell’emergenza economica. La differenza tra Ungheria e Grecia non sta nelle dimensioni dei problemi da affrontare, ma nella volontà politica dei governi di pagare il prezzo per uscire dal pantano. Al momento gli stati europei fuori dall’eurozona rispettano i criteri di Maastricht molto più di quelli che ne fanno parte. La Polonia è l’unica economia della Ue che non è stata colpita dalla recessione. Per dirla con le parole del primo ministro lituano, “fino a quando un paese non è membro della moneta unica i criteri di Maastricht bisogna applicarli seriamente. Ma una volta che sei dentro puoi fare praticamente quello che ti pare”.
L’Europa centrale può vantarsi di aver superato il test della crisi (almeno finora) e di aver dimostrato di essere la zona europea più pronta ad affrontare i cambiamenti. Ciononostante ha molto da perdere se l’Ue fraintenderà le cause della crisi greca e si abbandonerà ai suoi peggiori istinti. Secondo la maggioranza degli economisti, essere fuori dall’eurozona è un problema quando l’euro è in salute, ma è ancora peggio quando la moneta unica è in crisi. Paesi come Bulgaria ed Estonia temono oggi che la “ricompensa” per aver rispettato i dettami di Maastricht sarà un altro lungo stallo nella sala d’attesa dell’Euro.
La loro preoccupazione è che Francia e Germania, spaventate dalla vulnerabilità dei “Piigs” (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna), concentrino le forze per consolidare l’eurozona prima di allargarla. La crisi economica ha avuto effetti collaterali: oggi l’Ue è più divisa di quanto lo sia mai stata dall’inizio della guerra in Iraq. Fortunatamente, non è più una questione di “vecchia Europa” contro “nuova Europa”, ma di stati dell’euro contro gli altri. Sfortunatamente, se date un’occhiata a una cartina geografica vedrete che l’eurozona coincide con la vecchia Europa e gli altri sono quasi tutti i paesi del club Yalta. (as)
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Europa, problemi vecchi e nuovi
La guerra dei club
Il 15 Marzo Gazeta Wyborcza, in base alle conclusioni
di un analista bulgaro, faceva il punto sulla situazione
europea. Ne è uscito un articolo interessante. Ve ne
propongo qualche stralcio, a mio giudizio fra i più
significativi, per fare un poco di bla bla bla anche
sull’Europa della cui unificazione si evita, ormai, di parlare.
E, per come la penso io, è un errore.
Ma attenzione. Non è finita. Sta per aprirsi
il capitolo Portogallo. Cosa seguira?
banzai43
I membri fondatori contro gli ultimi arrivati, gli stati insolventi contro quelli virtuosi, i governi che chiedono continuamente contro quelli che penano ad accettare le conseguenze dell’Unione. (Omissis) … una nuova faglia che divide l’Unione europea.
Diciamoci la verità: se la Grecia fosse un paese dell’Europa centrale la “crisi greca” non ci sarebbe mai stata. Primo, Germania e Francia non avrebbero mai ammesso nella moneta unica un paese specializzato in inefficienza economica, pessime abitudini politiche e con un gran talento per la contabilità “creativa”. Secondo, se anche la Grecia “centroeuropea” fosse finita in qualche modo nell’eurozona, c’è da scommettere che Bruxelles avrebbe tenuto sotto stretto controllo le finanze di Atene. Ma la Grecia non è in Europa centrale. Mentre la Commissione europea combatte a spada tratta la corruzione nei paesi del “club Yalta” gli altri, specialmente quelli del “club Med”, godono di un trattamento da europei virtuosi senza esserlo neanche lontanamente.
Immaginate un primo ministro bulgaro o romeno che controlla l’80 per cento dei media nazionali … Immaginate il capo di governo della Romania che si rifiuta di congelare i salari nonostante la crisi e gli ammonimenti di Bruxelles. L’Europa non è uguale per tutti: se succede a Sofia o Budapest è uno scandalo oltraggioso, se succede a Roma o Madrid è un piccolo fastidio. … Altrettanto preoccupante è la politica economica dell’attuale governo spagnolo, ma nessuno si azzarda a sollevare una critica aperta.
Bruxelles è sicuramente responsabile per la tragedia economica della Grecia. Il ruolo del governo dell’Unione è comparabile a quello recitato dai revisori della Arthur Andersen nello scandalo Enron. La crisi greca ha svelato una realtà inquietante nascosta dietro alla retorica della solidarietà europea. L’Ue parla di solidarietà ma gli stati europei non ne vogliono sapere. Per rendersene conto è sufficiente pensare che il 70 per cento dei tedeschi vogliono la Grecia fuori dall’Euro. Recentemente un membro del parlamento tedesco ha consigliato ad Atene un brillante rimedio per i problemi del paese: vendere qualche isola. Nel frattempo i media greci tirano fuori una storia dietro l’altra sull’occupazione nazista della Grecia … Diversamente da quanto si aspettavano molti politici e analisti, la crisi economica non ha risvegliato in Europa nessuno spirito di solidarietà. Anzi, è successo l’esatto contrario: la paura e la rabbia scatenatesi nei cittadini europei hanno partorito un sentimento di “rinazionalizzazione”.
Ed è l’Europa del sud, non quella centrale, il punto debole dell’economia comunitaria. Un anno fa si temeva che l’Europa centrale non avrebbe saputo affrontare la crisi in arrivo perché troppo viziata, politicamente instabile e con un’economia eccessivamente liberale. Oggi è evidente che le cose stavano e stanno diversamente. È l’Europa del sud – inconsistente, arretrata e lasciata troppo libera da Bruxelles – che non è in grado di rispondere alle sfide dell’emergenza economica. La differenza tra Ungheria e Grecia non sta nelle dimensioni dei problemi da affrontare, ma nella volontà politica dei governi di pagare il prezzo per uscire dal pantano. Al momento gli stati europei fuori dall’eurozona rispettano i criteri di Maastricht molto più di quelli che ne fanno parte. La Polonia è l’unica economia della Ue che non è stata colpita dalla recessione. Per dirla con le parole del primo ministro lituano, “fino a quando un paese non è membro della moneta unica i criteri di Maastricht bisogna applicarli seriamente. Ma una volta che sei dentro puoi fare praticamente quello che ti pare”.
L’Europa centrale può vantarsi di aver superato il test della crisi (almeno finora) e di aver dimostrato di essere la zona europea più pronta ad affrontare i cambiamenti. Ciononostante ha molto da perdere se l’Ue fraintenderà le cause della crisi greca e si abbandonerà ai suoi peggiori istinti. Secondo la maggioranza degli economisti, essere fuori dall’eurozona è un problema quando l’euro è in salute, ma è ancora peggio quando la moneta unica è in crisi. Paesi come Bulgaria ed Estonia temono oggi che la “ricompensa” per aver rispettato i dettami di Maastricht sarà un altro lungo stallo nella sala d’attesa dell’Euro.
La loro preoccupazione è che Francia e Germania, spaventate dalla vulnerabilità dei “Piigs” (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna), concentrino le forze per consolidare l’eurozona prima di allargarla. La crisi economica ha avuto effetti collaterali: oggi l’Ue è più divisa di quanto lo sia mai stata dall’inizio della guerra in Iraq. Fortunatamente, non è più una questione di “vecchia Europa” contro “nuova Europa”, ma di stati dell’euro contro gli altri. Sfortunatamente, se date un’occhiata a una cartina geografica vedrete che l’eurozona coincide con la vecchia Europa e gli altri sono quasi tutti i paesi del club Yalta. (as)
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martedì 23 marzo 2010
USA, riforma sanitaria. Omaggio a Obama
Eletto con una marea di voti atipici (molti che lo hanno votato, pur avendone diritto da anni, si sono recati alle urne per la prima volta) sembrava aver perso smalto e credibilità. Quotidiani USA, oltre che socialista (quale obbrobrio!) lo definivano nocchiero senza più timone. Lo davano per intristito, con idee perse per strada e con lo slogan, già vincente, trasformato in “Yes, We can’t”, (non possiamo).
La riforma della sanità, vista da noi europei nulla di speciale, povera verrebbe da dire è, invece, per quest’uomo una grande, grandissima vittoria politica e, domani (quando se ne renderanno conto), una enorme accelerazione di progresso sociale per i cittadini statunitensi. Sembra impossibile che quella della sanità pubblica fosse una strada non percorsa da un grande Paese come gli USA.
E’ stata una grande sfida. Vinta. Vinta, certamente, con molti compromessi. Ma vinta.
Penso che, spesso, il Presidente Obama si sia sentito solo, deluso, amareggiato, arrabbiato. Ma non ha mollato.
Onore a Lui che potrà ancora gridare “Yes, We can”.
banzai43
lunedì 22 marzo 2010
domenica 21 marzo 2010
Uomini politici seri e nuovi
Fra le letture del recente passato (era il 26 febbraio scorso), considerato il momento politico che stiamo vivendo e la prossima consultazione elettorale mi piace ricordare e proporvi, alcune considerazioni fatte dalla CEI, la Conferenza Episcopale Italiana. Pure bacchettate alla nostra classe politica.
Eccovi il testo dell’articolo, senza alcun commento come, per tali argomenti, sono uso a fare.banzai43
Nuovo monito della Cei. Dopo la preoccupazione espressa per il Sud e la democrazia in Italia, dai vescovi arriva un appello al mondo politico. Per rilanciare il Paese servono “uomini politici seri e nuovi”, ha affermato il vicepresidente della Cei e arcivescovo di Potenza, mons. Agostino Superbo, in una intervista alla Radio Vaticana.
Monsignor Superbo è tornato poi sul tema della crisi di democrazia, di cui – secondo quanto affermato ieri dal segretario generale della Cei, mons.Mariano Crociata – non soffrirebbe solo il Mezzogiorno ma l’intero Paese. Lo scopo del documento per il sud, che ha messo in evidenza vecchi e nuovi mali individuando nel legame tra mafia e politica il principale ostacolo allo sviluppo, “è anzitutto pastorale” – ha detto mons. Superbo – ma “questo tipo di pastorale, non può non avere dei riflessi nel dialogo con il mondo che ci circonda e soprattutto con la realtà italiana e quindi con i politici, con gli economisti, con gli uomini di cultura e con la gente semplice, che qui da noi è la prima a soffrire le conseguenze negative di una situazione di difficoltà economica”.
“La disoccupazione avanza” ha osservato il presule. La povertà ha raggiunto proporzioni mai raggiunte dagli ultimi 20 anni. Tutto questo – ha detto – ci allarma”. Serve allora – ha proseguito – una nuova classe politica che presuppone un “impegno educativo” da parte della Chiesa. “I politici – ha detto mons. Superbo – non si improvvisano dall’oggi al domani, ma si tratta di una coscienza profondamente cristiana, radicata nella comunità, che si affaccia sul mondo civile e sente come sua responsabilità la costruzione di una città terrena a misura d’uomo, che crea poi, secondo le vocazioni del Signore e le qualità di ognuno, uomini politici seri e nuovi nel modo di porsi, che è un modo di porsi unico: servizio umile al bene comune e senza altre prospettive né di gruppo né di parte né di interesse personale”.
“Auspicabile un rinnovamento generazionale.” E’ invece questo l’auspicio dell’arcivescovo di Perugia e vicepresidente della Cei, mons. Gualtiero Bassetti, che in un articolo sul ruolo dei cattolici in politica pubblicato dal settimanale La Voce esorta chi fa politica anche ad “abbandonare un certo cristianesimo di facciata che oggi – osserva – è diventato irrilevante se non controproducente”. “Sono fermamente convinto – scrive mons. Bassetti – che ancora oggi rimanga importante, se non necessaria, la presenza attiva dei cattolici in politica. Senza questa presenza verrebbe a mancare qualcosa di molto vitale alla politica stessa”.
Fassino: “Il riferimento della Cei non è al Pd” – “Non credo che il documento della Cei si riferisse in particolare al centrosinistra; il documento dei Vescovi italiani è importante perché richiama l’attenzione della politica, dei partiti, delle istituzioni sul Mezzogiorno”, ha commentato Piero Fassino, giunto in Capitanata per un impegno elettorale, rispondendo ad un giornalista a proposito del documento della Cei che parla della presenza al Sud di classi politiche inadeguate. Proprio il Mezzogiorno, secondo Fassino, “in questa crisi rischia di essere la parte del Paese che paga di più”. “C’é la necessità – ha detto – di mettere in campo una politica che dia delle risposte, ma dal Governo nazionale queste risposte non vengono e noi ci battiamo perché le elezioni regionali siano l’occasione per mettere nell’agenda politica il Mezzogiorno e i suoi problemi”.
sabato 20 marzo 2010
della Maestà sovrana
Il coniglio bianco si mise gli occhiali. “Da dove devo cominciare, Vostra Maestà? “Comincia dal cominciamento”, disse il Re con voce grave. “E continua fino a che arrivi alla fine. Lì fermati.”
Lewis Carroll
venerdì 19 marzo 2010
Per te democrazia
Per te democrazia
WALT WHITMAN
(1819, West Hills, N.Y.- 1892, Camden)
Vieni, rendero’ il continente indissolubile,
creero’ la più splendida razza su cui il sole abbia mai brillato,
creero’ divine terre magnetiche,
con l’amore dei compagni,
con il diuturno amore dei compagni.
Pianterò la fratellanza, folta come gli alberi lungo
tutti i fiumi dell’America, e lungo le sponde dei grandi laghi,
e su tutte le praterie,
rendero’ inseparabili le città con le braccia l’una al collo dell’altra,
con l’amore dei compagni,
con il virile amore dei compagni.
Per te questi da parte mia, democrazia, per servirti, mia donna!
Per te, per te faccio vibrare questi canti.
Trad. Ariodante Mariani
Note alla composizione: E’ un bel Inno alla democrazia, un atto d’amore, del piu’ grande poeta statunitense.
Maestro elementare, fattorino, giornalista. Poeta. Convinto democratico, nel 1861 e’ infermiere negli ospedali militari. Nel 1833 fu pubblicata la prima edizione di Foglie d’erba, la più nota raccolta di poesie del poeta americano. Il libro non riportava il nome del suo autore ma solo il ritratto di Whitman in abito da operaio.
giovedì 18 marzo 2010
ancora … dell’amore
L’amore è un commercio tempestoso che finisce sempre con la bancarotta, e il curioso è che il disonorato è sempre il creditore.
Non toccare il mio amico
Buona serata,
ho deciso di prendermi una piccola pausa dalla politica, ma non dalla responsabilità morale ed intellettuale che tutti, a cominciare da me, dobbiamo ricordare d’avere anche verso coloro che, in un qualche modo, vediamo, crediamo o giudichiamo diversi da noi.
Ecco, allora, l’invito a visitare il sito
http://www.nontoccareilmioamico.net/
e decidere, in piena libertà di coscienza, se fare qualche cosa e, se si, che cosa.
Ad majora
mercoledì 17 marzo 2010
della necessità di combattere
Chiedo, invece, a tutti di recarsi a votare ed attraverso quest’atto informare la politica a noi geograficamente più prossima (quella della Regione, ad esempio), del nostro giudizio sul modo come siamo stati governati. Premiamola se ne siamo sufficientemente soddisfatti, bocciamola se non ne abbiamo condiviso le scelte o le modalità di realizzazione o di non attuazione dei programmi.
Ciò che è importante è NON ASTENERSI e ricordarsi che, altrove, pur di poter votar talune popolazioni rischiano la vita.
Al riguardo, come Pensiero del giorno, vi faccio dono d’una riflessione di Bertold Brecht che mi sembra molto pertinente.
“Chi resta a casa quando la battaglia comincia e lascia che gli altri combattano per la sua causa deve stare attento: perché chi non partecipa alla battaglia perteciperà alla disfatta.”
“Neppure evita la battaglia chi la battaglia vuole evitare: perché combatterà per la causa del nemico chi per la propria causa non ha combattuto.”
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Buona serata
Politica, intercettazioni, TV, magistratura, Governo, etc. etc. Uffa! Che barba
da ILSOLE24ORE.COM Notizie Italia ARCHIVIO
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il Punto
di Stefano Folli
La fase finale di un conflitto da cui tutti usciranno sconfitti
16 marzo 2010
Si pensava che la campagna per regionali sarebbe stata avvelenata. Nessuno però immaginava quanto. Ora sappiamo di trovarci in un corto circuito a causa del quale le istituzioni rischiano il collasso. Sarebbe la degna conclusione di lunghi anni in cui il conflitto fra magistratura e potere politico (berlusconiano) si è fatto sempre più crudo, senza produrre mai una soluzione, ma solo ulteriori motivi di scontro e di logoramento. Fino alla marea d’intercettazioni con relative fughe di notizie che stanno sommergendo ogni parvenza di dibattito civile.
Berlusconi, che poche settimane fa aveva definito «talebani» i magistrati, una provocazione che non sembra avergli portato fortuna, oggi subisce i morsi della procura di Trani. Indagato per concussione e minacce, lapidato per l’ennesima volta sul piano mediatico, costretto a descrivere, per difendersi, il paradosso del suo naufragio: «È o no un diritto del presidente del Consiglio parlare al telefono con chiunque senza essere intercettato anche surrettiziamente?».
In questa frase detta al Gr1 c’è il senso perverso di tutto quello che accade. Il premier, che è anche un parlamentare, ha ragione nel rivendicare il suo diritto. Ma il solo fatto che sia costretto a farlo, mentre gli sta piombando sul capo l’ennesima tegola giudiziaria, dimostra la sua debolezza, anzi la sua impotenza. Certo, in nessun altro paese europeo e occidentale sarebbe possibile il caso di un capo di governo messo alla berlina per le sue conversazioni telefoniche finite sui giornali prima ancora che da esse i magistrati di una remota procura fossero in grado di ricavare un’ipotesi di reato. Ma forse in nessuno di quei paesi il governo si sarebbe dedicato per anni a una guerra contro la magistratura condotta con gli anatemi pubblici e con il vittimismo, senza mai una realistica strategia di riconciliazione.
Ora la prospettiva più probabile è che tutti gli attori di questo dramma un po’ assurdo escano sconfitti, sullo sfondo di un panorama di macerie. Tutti: Berlusconi, l’opposizione e la stessa magistratura.
Primo. Il presidente del Consiglio è esposto all’ennesimo danno d’immagine. Che si aggiunge a tutti gli altri. Se pure le sue telefonate non configurano reati, come è plausibile, resta l’impressione di un costume malsano. Peggio, resta l’idea di un premier che vorrebbe liquidare i suoi nemici, in questo caso Santoro e «Annozero», ma riesce solo a danneggiare se stesso: incapace di imporre le sue direttive e scrutato dal «grande fratello» elettronico. E tutto questo a pochi giorni da elezioni che non promettono niente di buono al centrodestra (salvo il partito di Bossi nel Nord). È una fotografia impietosa ma veritiera di questa fase del «berlusconismo».
Secondo. L’opposizione ricaverà dalla vicenda qualche vantaggio elettorale. Ma confermerà di essere incapace di una linea autonoma. Berlusconi continua a essere l’alfa e l’omega della politica italiana e la magistratura è il suo nemico mortale. L’opposizione politica si limita a camminare nel solco tracciato dalle procure. Il che, è ovvio, non serve a costruire un’alternativa. Ci si limita a contrapporre una piazza all’altra.
Terzo. Anche la magistratura rischia di uscire sconfitta dalla guerra dei vent’anni. E’ riuscita a logorare Berlusconi, ma ha logorato anche se stessa. Soprattutto ha perso credibilità agli occhi dei cittadini, alimentando i peggiori sospetti sugli interventi «a orologeria». Una vittoria di Pirro: ci vorrà tempo per ritrovare il prestigio perduto.
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Buona giornata a tutti
banzai43
sabato 13 marzo 2010
... basta per me un uomo ...
La complicata vita politica del nostro Paese e lo scarso “peso” e serietà di gran parte dei nostri politici hanno fatto riaffiorare alla mia mente alcuni versi di Simonide (*), (Iuli, isola di Ceo, 556 a.C. – Agrigento, 468): Non ne conosco il titolo, ma eccoveli:
Divenire davvero un uomo valente
e’ difficile, quadrato nelle mani, nei piedi
e nella mente, plasmato senza biasimo.
Ne’ ritengo intonato il detto
di Pittaco, pur se fu pronunciato da un uomo
saggio. «E’ difficile» – disse – «esser valenti.»
Solo un dio puo’ avere questo dono, ma un uomo
non puo’ non essere ignobile
se una sventura lo coglie senza rimedio.
Se ha successo, ogni uomo e’ valente;
ma è malvagio, se ha sorte cattiva; (per più tempo e’ eccellente)
chi dagli dèi e’ amato.
Non voglio, dunque, in una speranza vuota ed inane
sciupare la mia parte di vita
bramando l’impossibile:
un uomo che sia senza biasimo, fra quanti cogliamo
il frutto della terra vasta.
Quando l’avrò trovato, a voi l’annuncero’.
tutti io lodo e amo:
chi nulla di turpe compia volontariamente; con la necessita’
non lottano neppure gli dèi.
Basta per me un uomo che non sia cattivo
ne’ troppo stolto, e conosca la giustizia che giova alla citta’:
un uomo sano. Io non lo biasimero’:
al biasimo non sono incline;
infinita e’ la razza degli stolti.
Ogni cosa e’ bella, cui non si mescola nulla di turpe.
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(*) – Poeta lirico greco, fra i piu’ grandi poeti di corte. Divenne presto noto come il cantore della liberta’: suoi sono infatti l’elegia per i caduti di Maratona e l’epitaffio per i caduti delle Termopili.Pare sia stato il primo a comporre carmi in cambio di denaro costringendo i contemporanei a riconoscere il valore della poesia. Delle sue opere ci sono rimasti circa settanta epigrammi.
banzai43
augura a Voi tutti Buon fine settimana
venerdì 12 marzo 2010
delle lacrime
PLATEN, dal Liebesbrevier di F. Voneisen
Escort. Tante!
Che dire? Che le Nazioni hanno i politici, ma anche gli imprenditori che si meritano?
Giuro. Non ne posso più. Lasciateci in pace
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da Libero-news.it
dell’11.3.2010
La “cricca” di Angelo Balducci, Mauro Della Giovampaola e Fabio De Santis avevano a disposizione 350 escort, che gli imprenditori “amici” offrivano loro come “compenso” per gli appalti ottenuti. Secondo quanto sta emergendo dall’inchiesta sugli appalti del G8 della Maddalena, la “cricca” aveva a disposizione queste centinaia di escort, sparse in ogni posto d’Italia.
Le escort venivano contattate via Internet, oppure reclutate negli ambienti della Roma bene, e poi offerte ai principali funzionari pubblici arrestati nell’ambito dell’inchiesta. Solo Balducci non usufruiva dei “favori” delle escort, ma di quelli degli uomini, soprattutto di colore, che gli erano offerti da un corista del Vaticano. Quando la storia venne allo scoperto, il corista fu allontanato.
Le escort erano soprattutto italiane, ma anche russe, centroamericane, cubane e brasiliane: il tariffario preciso oscillava tra i 500 ei 700 euro a incontro. Ma in alcuni casi si è arrivato anche a cifre superiori: l’ingaggio di due escort russe a Venezia costò a Diego Anemone 5 mila euro. Le due ragazze erano “destinate” a De Santis e Della Giovampaola, che erano arrivati a Venezia per il Festival del Cinema.
Gli incontri erano organizzati via sms (“Due zoccole per Venezia si rimediano”) e telefonicamente. Si discute sulla qualità delle lucciole – “Aho, quella è ‘na robetta da tangenziale”, ma anche: “Una è una topa da paura… C’avrà 22-23 anni… è una russa… occhi azzurri, capelli biondi. Una non è la Schiffer però è una che col cavolo… cioè hai capito… Poi parlano poco perché comunque son russe sono sono…. non sono tipe che sbroccano e fanno casino” – che soprattutto non devono dare nell’occhio: “Mi raccomando, vestite normali”. Rossetti chiede con precisione: “Ok, calcola che a me ne servono due… Io le faccio dormire al Gran Palace di Venezia, costa 1.500 euro al giorno solo la stanza poi in più si beccano 1.500 cadauno”.
A pagare le ragazze era soprattutto Diego Anemone, ma non solo. Le squillo, infatti, venivano infatti assoldate anche da altri imprenditori vicinissimi a Balducci. Al filone delle escort si è giunti attraversi De Santis: secondo le intercettazioni, il funzionario avrebbe avuto incontri con almeno 150 ragazze. Proprio De Santis è stato al centro di un incontro piccante, che viene ricostruito da una telefonata. L’imprenditore Guido Ballari gli aveva organizzato un incontro “a luci rosse” in un appartamento romano. L’indomani i due si sentirono telefonicamente e commentarono divertiti quanto successo. Ad un certo punto Ballari rivelò a De Santis che erano «statifortunati»: «Fabio, cinque minuti dopo che sei uscito da quella casa è rientrato il marito». La donna infatti si prostituiva all’insaputa del coniuge. Le squillo di lusso venivano portate ovunque: ai ricevimenti, alle serate ufficiali, alle inaugurazioni e ai sopralluoghi dei lavori del G8 tra Sardegna, Lazio e Toscana.
giovedì 11 marzo 2010
mercoledì 10 marzo 2010
Tribune elettorali, aiuto! In rai gli ascolti affondano.
da l'Antefatto
(IL BLOG DE IL FATTO QUOTIDIANO)
Fuga dai dibattiti, Minzolini perde 500 mila spettatori.
Par condicio, danni collaterali. Il telecomando ha votato: se la Rai spegne l’informazione, i cittadini cambiano canale. Le ingessate tribune elettorali sono un corpo estraneo impiantato per ordine e – causa crisi di rigetto – appena i politici compaiono in video, l’italiano scompare. Scappa.
La molteplice sospensione per un mese – Annozero, Porta a Porta, Ballarò e l’Ultima parola – ha consegnato l’esclusiva delle notizie ai direttori dei tg, ad Augusto Minzolini.
Al telegiornale che confonde un’assoluzione con una prescrizione, che collauda le case de L’Aquila per raccontare l’inchiesta sugli appalti, che ospita monologhi a telecamera fissa. I dati Auditel sono neutri (e feroci).
Due lunedì a confronto per il Tg1: 1 marzo (inizio del bavaglio) e 8 marzo, circa 520 mila spettatori in meno. Più precisi: 7,388 milioni contro 6,869.
Giustificazioni: calo fisiologico, campione ristretto, coincidenza. Eppure la vasta comunità orfana di Bruno Vespa e Michele Santoro, scippata dei programmi serali, poteva rifugiarsi nei telegiornali, unica finestra sui fatti del giorno. La tendenza conferma la teoria: più 150 mila per il Tg2 di Mario Orfeo (che criticava la par condicio), cifre invariate per il Tg3 di Bianca Berlinguer. Nella corsa senza con-correnti, a reti unificate, perde soltanto Minzolini.
Gli scommettitori avrebbero quotato zero (o virgola) il crollo del Tg1 in solitario, quote peggiori per la prevedibile disfatta delle tribune elettorali: i contenitori di una manciata di minuti, sparsi qui e lì nei palinsesti, per rispettare il sacro nume della par condicio.
Aspettando i comizi a microfono aperto, guai a filtrare un discorso del candidato con un giornalista, la Rai propone minuscoli spazi: dodici al giorno, divisi tra i canali generalisti. La corrida inizia all’alba, addirittura alle 6,27 su Rai Uno: 160 mila spettatori scarsi, 10 per cento di share, la metà del ‘treno’ che lancia Unomattina.
La comunicazione politica dura da 90 secondi a quasi 4 minuti, nemmeno il tempo necessario per rendersi conto di chi, come e perché stia parlando. Nemmeno il tempo necessario per agguantare il telecomando e zittire la propaganda molesta.
Una medaglietta per i riflessi spetta, però, ai 600 mila italiani che, finito il Tg1 Economia (erano in 2,25 milioni), corrono altrove per raggirare il comizio (visto da 1,660 milioni).
Altro esempio. Mancano pochi minuti alle 14, su Rai Tre è l’ora dei telegiornali regionali, all’improvviso spunta l’ennesima tribuna: panico collettivo, resistono in 600 mila. Tre momenti tre, e per la cronaca da Trieste a Palermo sono in 3 milioni.
La politica da piazza rovina l’ascolto medio della Rai, sia chi segue sia chi precede le tribune. Le percentuali di share sono da brivido: il 4 per cento è un miraggio su Rai Tre, alle 10 su Rai Due si fermano al 2,94% (120 mila spettatori). Morale della favola: il gusto di chi guarda è personale, la censura ideata e proposta da Mauro Masi brucia capitale economico (soldi pubblici) e sociale.
Il direttore generale ha sventolato le precisazioni della Sipra (concessionario di pubblicità): “Nessun danno nel bilancio, le inserzioni slittano”. Come se le notizie potessero slittare e, trascorso un mese di buio, il risveglio fosse calmierato da una reclame sull’acqua diuretica. E così la gente comune scalpita, le associazioni Altroconsumo e Cittadinanzattiva hanno depositato un ricorso al Tar del Lazio contro la delibera del Cda Rai. Altro colpetto basso al pluralismo dell’azienda pubblica, condiviso da Mauro Masi e Alberto Maccari (responsabile servizi regionali): il prossimo 3 maggio, dagli studi di Napoli, interrompono la produzione di Neapolis, fascia quotidiana di Rai Tre sulle nuove tecnologie.